Iscrizioni

mERCVRIO FILIO INNOCENTE ANORON V PARENTES POSERON [caption id="attachment_9695" align="alignnone" width="300"] L'iscrizione è murata a circa 3 metri da terra nell'atrio della basilica.[/caption]

A Mercurio figlio innocente di cinque anni i genitori posero

Descrizione

L’iscrizione è murata nell’atrio della basilica a qualche metro da terra fra i due portali d’ingresso alla chiesa, insieme a moltissime altre, recuperate in occasione dei restauri. Il testo, in quella varietà di latino che chiamiamo latino volgare, è inciso con una scrittura incerta, che mescola maiuscole e minuscole, che fatica vistosamente nel rispetto della norma grafica, ed è composto in una lingua analogamente incerta, che si discosta vistosamente anche dalla norma grammaticale: negli accordi fra sostantivo e aggettivo (Filio innocente anziché innocenti), nel rispetto delle desinenze (anoron anziché annorum), nella morfologia verbal/ verbal endings (poseron anziché posuerunt).

Analogamente ad altri esempi di epigrafia cristiana, questa traccia ci pone un problema interessante. In che lingua è scritta? Il fatto che il latino che leggiamo non segua il canone linguistico di scuola ci autorizza a concludere che la lapide non è scritta in latino? E se non è scritta in latino, in che lingua è scritta? Si tratta di domande alle quali non possiamo trovare una risposta interrogando i manuali di grammatica (che ritornerrebbero solo un avviso di ‘errore’), ma piuttosto con lo studio di un concetto complesso che chiamiamo coscienza linguistica. La domanda corretta, infatti, non è ‘in che lingua riteniamo noi che sia scritta questa traccia’, ma piuttosto ‘in che lingua pensava di scrivere’ il suo autore. Le lingue sono un fenomeno singolare: esse esistono quando una comunità di parlanti le riconosce come tali e come proprie. Nulla ci fa pensare che i desolati genitori di Mercurio non pensassero di scrivere in latino: perché il latino era l’unica lingua scritta all’epoca loro, e perché è evidente che pur non possedendolo a pieno essi tendono verso quel canone linguistico nella grafia, nella morfologia e persino nella sintassi (i genitori posero è una formula epigrafica latineggiante che resiste persino nell’epigrafia celebrativa in italiano del 20° secolo). È certo che la lingua dell’uso di questi scriventi aveva caratteristiche più vicine al volgare romanesco medievale che al latino di Cicerone (annòro e posèro sono le pronunce più probabili da ipotizzare), ma questo non basta per dire che il testo è in volgare: le lingue si muovono, allora come oggi, continuamente, e la maggior parte delle persone non possiede a pieno il canone linguistico di scuola. Ma per passare dal latino alle lingue moderne è stato necessario un passaggio ulteriore: il riconoscimento da parte di un’intera comunità di parlanti dell’adozione di una nuova lingua, e questo avrà luogo non prima del XII s. nell’Europa romanza.

Conservazione

Buona

Bibliografia

Nadia CannataLe parole sono pietre. Lingua communis e lingua literata in alcune epigrafi romane (secc. IV VI) «Studj romanzi, vol. X»2014281-310

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Iscrizione funebre per il bambino Mercurio


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