Tempo

COME RAPPRESENTARE LE LINGUE NEL TEMPO?

La linea del tempo costituisce un modo consolidato nella tradizione degli studi per rappresentare e interpretare l’evoluzione delle lingue, e offrire un quadro di insieme entro il quale leggerle. Le lingue sono produzioni umane che vivono nella storia e dunque formano una narrazione, raramente prevedibile o lineare, e diversa a seconda del punto di vista che si sceglie.

Noi abbiamo scelto undici temi per raccontare le vicende delle lingue in Europa nel loro insieme.

Le tappe di questa storia sono segnate dalle PIETRE MILIARI della storia linguistica.

Le lingue non conoscono interruzioni, non nascono e non muoiono, ma si trasformano, si incontrano e si separano, esattamente come le persone sulle cui gambe la voce si sposta per via di conquiste, matrimoni, ricerca di lavoro, cibo, avventure. Ma c’è un momento nella storia d’Europa, collocabile dopo la caduta dell’Impero romano, che segna un punto di rottura, e l’avvio di quel processo a seguito del quale sono nate le lingue dell’Europa moderna. Sono date convenzionali, che si possono rendere concrete registrando e mettendo a confronto i primi documenti delle lingue europee nate nei secoli del cosiddetto evo moderno.

Succede poi che in qualche punto della storia un gruppo sociale prevalga sugli altri e decida di definirsi come comunità stabilendo una sua identità, di cui la lingua diviene strumento principale. È in quel momento che il latino diventa francese, il volgare anglosassone diventa inglese e il resto si chiama dialetto.

Come succede che una lingua diventi strumento dell’arte e che oltre che a parlare si inizi a scriverla? Nessuno impara a scrivere parlando. Le lingue letterarie, a differenza di quelle parlate, si contano e hanno un nome; in antichità questa funzione la ebbero il latino e il greco, a fianco dei quali in epoca medievale e moderna si affiancarono altre lingue: pietre miliari delle rispettive letterature sono il Beowulf, poema epico anglosassone, la Chanson de Roland, poema in antico francese dedicato alle imprese di Orlando, la poesia d’amore nata presso le corti di Provenza e migrata in Sicilia, forse anche grazie ai Minnesänger tedeschi, e infine le poesie e i racconti che dalla Toscana hanno diffuso i generi letterari moderni in Europa. Un pugno di lingue letterarie segnano la nascita delle letterature moderne di un intero continente.

Ogni centro di potere ha una sua lingua?

Se la lingua della Chiesa di Roma è stata ed è ancora (in parte), nel nono secolo i fratelli di Salonicco Cirillo e Metodio, noti come apostoli degli Slavi, codificarono l’antico slavo ecclesiastico, utilizzato con analoga funzione nei territori dell’Europa orientale. La diversificazione dei centri di potere nell’Europa basso medievale ebbe un riflesso importante sulle lingue, attribuendo funzioni superiori a lingue associate a un potere reale: nel 1274 Alfonso X dichiarò il castigliano la lingua dei suoi domini in Spagna, nel 1279 il portoghese divenne la lingua principale della Cancelleria regia di Lisbona, nel 1346 Carlo IV di Boemia ricevette la corona imperiale e fondò l’Universitas Carolina, che ebbe un ruolo determinante per la lingua e l’identità ceca, nel 1362 l’inglese venne usato per la prima volta nel Parlamento inglese,  nel 1539 in Francia si stabilisce la primazia del francese sulle altre lingue di Francia, nel Regno d’Italia l’italiano convive fino a tutto l’Ottocento nelle funzioni pubbliche con il francese. 

Come nascono le grammatiche?                     

Nel Quattrocento in Europa matura la convinzione che alcune lingue moderne, sostenute o meno che fossero da centri di potere politico, necessitavano di regole certe di ortografia, grammatica e retorica. La prima grammatica di una lingua moderna si deve a Leon Battista Alberti, e fu scritta intorno al 1435 per dimostrare che il toscano era figlio degno del latino, e non una varietà buona solo per andare al mercato. In questi anni si pubblica il primo libro a stampa in greco moderno (L’Apokopos di Bergadis, Venezia 1509), il primo vocabolario e la prima grammatica del ceco (1511, 1533), e dell’ungherese (1539). Nella prima metà del secolo si elaborano raffinate retoriche delle lingue moderne, come le Prose della Volgar Lingua di Pietro Bembo (1525) e la Deffense et illustration della langue française (1539) di Joachim du Bellay, nasce l’epica russa Slovo o polku Igoreve, 1550, a fine secolo escono le prime grammatiche di sloveno, russo, bielorusso e ucraino.

Qual è la lingua della mia fede?

Cuius regio eius religio (la religione del re è quella dei sudditi) si diceva nell’Europa agitata dalle guerre di religione. Merita ricordare che fu un atto di traduzione a scatenare la reazione della Chiesa di Roma e a dare impulso alle richieste di cambiamento che culminarono nella Riforma protestante. Nel 1522 Lutero pubblica la sua traduzione in tedesco del Nuovo Testamento, con un gesto che ha rotto l’unità linguistica della Chiesa occidentale e regalato l’unità linguistica ai popoli tedeschi. Con la velocità di un incendio le traduzioni del testo sacro nelle lingue dell’uso si sono diffuse in Europa, dalla Bibbia Ussita tradotta in ungherese nel 1466 alle traduzioni in polacco (1553), ucraino (1556), sloveno (1557), ceco (1579) rumeno (1582), seguite in Inghilterra dalla Bibbia di Re Giacomo (1611). Si tratta di eventi di grande portata simbolica e di svolte storiche che hanno contribuito in modo determinante a istituire la percezione dell’esistenza di lingue delle nazioni, cementate dalla fede dispensatrice di identità solide e spesso indiscutibili.

Una rivoluzione inavvertita?

La forma-libro risale alla tarda antichità e già in forma manoscritta ha garantito la conservazione del sapere, affidata a istituzioni secolari: chiese, conventi, corti. La stampa ha avuto un effetto travolgente su questo sistema di gestione della memoria: ha abbattuto i costi del libro, aumentato geometricamente la circolazione della parola scritta, raggiunto gruppi sociali tradizionalmente esclusi dalla lettura, diffuso testi nelle lingue dei mercati che riusciva a raggiungere. 

I primi testi a stampa restituiscono una mappa delle letture in Europa interessante e inedita. In Germania (1461) il primo libro a stampa fu una raccolta di novelle, in Italia il Canzoniere di Petrarca (1470) in Francia a Lione La légende dorée, raccolta fortunatissima di vite dei santi. Le Historyes of Troye, un testo molto popolare in tutta Europa, fu la prima stampa in inglese prodotta a Bruges, nelle Fiandre (1473). In Portogallo si pubblica la Torah in ebraico (1487), in Polonia le storie della Passione (1508), in Romania il Catechismo luterano (1544). 

Il nome della lingua è il confine di un’idea?

Nazione, lingua e stato sono spesso percepiti come un’unica cosa. Collochiamo la nascita delle nazioni inglese, francese, portoghese e spagnola nel basso Medioevo e la prima idea di Italia si lega a Dante e alle sue idee sulla lingua.  Ma che rapporto hanno le nazioni e le lingue di allora con quelle di oggi? L’Europa centrale, priva di confini naturali e invalicabili, è teatro da secoli di tensioni fra popoli, nazioni e stati, attraversati da lingue e culture che rivendicano appartenenze spesso non determinabili. In Grecia, nei Balcani, nell’Europa orientale lingue e culture hanno rivendicato un’identità forte in opposizione alla dominazione ottomana; l’impero Austro-ungarico ha unito popoli e separato religioni, ma aperto scenari di sangue anche a distanza di secoli. 

Le lingue sono il filo d’acciaio che tesse la trama della nostra appartenenza, strumento di dialogo e comunione fra individui e anche linee di confine invalicabili e causa di distanze e separazioni.

mi avete insegnato la lingua, e quel che ci ho guadagnato è che ora so come maledire, la peste vi porti via per avermi insegnato la vostra lingua!’ (William Shakespeare, La Tempesta, Atto I, sc. 2.437-9).

Così Calibano risponde irato a Prospero che lo tratta da selvaggio. 

 

In piena età moderna interessi commerciali e aspirazioni imperiali hanno proiettato le grandi nazioni europee oltre i loro confini verso occidente, l’Irlanda (1541), e l’America settentrionale (1608), e verso l’Indonesia (1619), il sub-continente indiano (1757), e infine l’Australia e la Nuova Zelanda (1768), esportando inglese, francese e neerlandese in altri continenti. Spagnolo e portoghese sono entrati in uso in Africa, America meridionale e in estremo Oriente a partire dal 1493. Il saccheggio subito dall’Africa da parte di potenze grandi e piccole, la distruzione di lingue e comunità con la tratta degli schiavi sono una vergogna che ha attraversato tutta l’età moderna. L’impero britannico ha raggiunto la sua massima espansione nel 1920, e l’inglese è ancora oggi la lingua di molti dei territori del Commonwealth. Il dominio culturale della varietà americana dell’inglese è ormai parte integrante della cultura contemporanea.

Quale patrimonio proteggono accademie e legislazioni?

Nel ‘500 si costituiscono accademie per tutelare e promuovere lingue e scienza riconosciute come nazionali: l’Accademia della Crusca (1582-83), e la Fruchtbringende Gesellschaft (1617), entrambe a difesa di lingue senza stati, seguite dall’Academie Francaise (1635) e dalla Real Academia Espanola (1731); e le Accademie scientifiche: l’Accademia dei Lincei in Italia (1603), e le accademie di Slovenia (1693), Ucraina (1694), Russia (1710). Infine nascono società per la diffusione delle lingue e culture nazionali: Alliance Française (1883), Dante Alighieri (1889), British Council (1934), Goethe Institute (1951). 

Una nuova idea di democrazia e dei diritti investe la politica linguistica nel Novecento: in Grecia il greco demotico diviene la lingua della scuola (1976), in Francia e in Italia si istituiscono Commissioni per il rispetto dell’identità di genere negli usi linguistici amministrativi (1984, 1985), nasce la Giornata della lingua madre (UNESCO 1999), in Italia si attua il dettato costituzionale a tutela delle numerose minoranze linguistiche (1999), il Parlamento norvegese sancisce l’esistenza di due lingue ufficiali nel paese, Nynorsk e Bokmål (2014).

La lingua la creano i poveri, e i ricchi se ne appropriano per canzonare chi non parla come loro, scrivevano i ragazzi di Don Milani nella Lettera a una Professoressa (1967), un testo che apre una discussione critica sulla lingua come strumento di potere e di esclusione di interi gruppi sociali. A partire dagli anni ‘60 in Europa si discute anche degli usi discriminatori della lingua nei confronti delle donne, degli immigrati e degli stranieri, degli omosessuali e in anni recentissimi dei transgender.

Nominiamo le lingue ‘italiano’ ‘inglese’, ‘tedesco’ ‘russo’ ‘francese’ ‘latino’ ‘serbo’ ‘croato’, trasmettendo un’idea di unità inamovibile, quasi un’idea platonica di lingua che sappiamo non esistere nella realtà, benché per essa talvolta si uccida persino. La gente non parla in modo univoco, non parla in modo ‘corretto’ non parla come dico io che deve parlare, e il paradigma lingua standard/ lingua popolare/ substandard/ nativo/ straniero/ maggioranza/ minoranza è oggi giustamente sottoposto a critiche serrate.

I grandi mezzi di comunicazione arricchiscono la lingua?

La stampa periodica, il telefono, la radio, la televisione e infine internet e i social media hanno esteso lo spazio di alcune lingue e ridotto quello di molte altre. Il primo periodico stampato in inglese fu pubblicato ad Amsterdam nel 1620, presto seguito da altri, pubblicati nelle lingue locali a Parigi (1631), Lisbona (1641), Cracovia (1661), Mosca (1702), Pest (1780), Bucarest (1829), Zagabria (1835). La prima trasmissione radio partì dalla Tour Eiffel (1921), seguirono la BBC (1922) e poi rapidissimamente si diffusero stazioni in tutta Europa. Non così la televisione che si avvia a Londra (1925), ma si diffonderà in modo significativo in Europa solo alla metà degli anni ‘50. 

A Ginevra nel 1990 Tim-Berners-Lee crea il primo sito web e da allora fino a tutti gli anni 2000 si sperimenta e si lanciano social network di utilizzo oggi diffusissimo: Facebook (2004), Twitter (2006), Whatsapp (2009) TikTok (2017).

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